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parte seconda. 207


PALAZZO IMPERIALE.


Sala del trono. — Il Consiglio di Stato in attesa dell’Imperatore.

Suono di strumenti a festa.


CORTIGIANI abbigliati sfarzosamente con varie fogge di vesti. L’IMPERATORE sale sul trono: gli siede a destra l’ASTROLOGO.


L’Imperatore. Salute a’ miei fedeli e diletti qui raunatisi da presso e da lunge. Io veggio il Savio al mio fianco; ma e il folle? Che n’è dunque di lui?

Un giovine Gentiluomo. Intricatosi nello strascico del tuo manto, s’è capovolto dallo scalèo, e la corpulenta mole venne tosto via trasportata. Era desso morto, o cotto dal vino? Chi lo sa?

Un secondo Gentiluomo. E con tale una prestezza che tien del prodigio, eccoti un altro offerirsi in sua vece. Egli si copre di vestimenta sontuose, ma stranie e fantastiche per modo da muovere a stupir chicchessia. Le guardie che stanno in sul limitare appuntano le alabarde loro ad impedirgli l’entrata. — Ciò malgrado, vedilo colà, il folle temerario!

Mefistofele, piegando il ginocchio appiè del trono. — Chi è il maladetto sempre, e pur sempre il benvenuto? Chi è, cui si spasimi ognora di possedere, e che ognor si discacci? Chi è, cui faccia ognuno a gara di proteggere? Chi è, cui si biasimi, cui più duramente si accusi? Chi è quegli che invocar tu non dei, quegli onde ognuno gode intendere il nome? Chi è, che si appressi a’ gradini del tuo soglio? Chi è, che spontaneo se ne parte e vassene in bando?