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204 fausto.

  Quasi minuta polve
  Coi terreni vapori il venticello
  I semi delle messi in un travolve.
     Ma perchè tutta innanzi a te la pompa
  Dell’esistenza arcana or si disveli,
  Volgi lo sguardo al Sol. Che mai t’arresta?
  Non è, non è cotesta
  Onde tanto stupor l’alma t’accende
  Che la scorza di lui, chi ben l’intende.
  Svègliati! or su; disperdi
  Quella nebbia che gli occhi ancor ti copre:
  Sorgi! allerta! suvvia! t’affretta! all’opre!
  Mentre in calcoli e trappole e consigli
  Spender suo tempo suol la vulgar gente,
  Compiere arditamente
  Un magnanimo cor puote ogn’impresa
  Sol che l’ora da tanto abbia compresa.

(Un forle scoppio annuncia l’appressare del Sole.)


Ariele. Odi il rintocco — lento d’ogni ora;

  Già già distinto — suona agli Spiriti
  Qual è più leve — ronzio d’aurora.
     Del Sole il novo — disco già splende:
  A lui fin l’erte — rocce dischiodono
  Le inaccessibili — caverne orrende.
     Già Febo lanciasi — e in sua carriera
  Di retro al plaustro — fiammante guizzano
  Lampi di vivida — luce sincera.
     Qual manda fremito — l’eterea lampa!
  Qual cupo murmure — qual tuon ne parte!
  Le orecchie intronano — l’occhio n’avvampa,
     Ma a ridir ciò ch’e’sia vien manco ogni arte.