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194 fausto.

Margherita volgendosi a lui. E sei tu adunque? Sei tu da vero?

Fausto. Son io, si! Vientene meco!

Margherita. Tu sciogli i miei ceppi; tu mi riprendi nel tuo grembo. E non hai tu ribrezzo di me? Sai tu, amor mio, chi tu vuoi liberare?

Fausto. Vieni! vieni! Già la notte si dirada.

Margherita. Ho ucciso mia madre; ho affogato il mio figliuolo. Il mio? — non era egli dato a te ed a me? a te pure. — Sei tu da vero? A pena io mel credo. Dammi la tua mano! — non è sogno! — la tua cara mano! Ma oimė, ell’è umida! asciugala. Mi par come che sia intrisa di sangue. Dio mio! che hai tu fatto? Riponi la spada; te ne prego!

Fausto. Lascia stare il passato, Ghita; chè tu mi uccidi.

Margherita. No, bisogna che tu sopravviva. E ti dirò ora come tu hai a disporre le sepolture; ne avrai cura domattina per tempo. Darai a mia madre il miglior posto, e stretto al suo fianco tu porrai mio fratello; e porrai me un poco da parte, ma non troppo discosto! E il mio figliuolino lo porrai sul mio seno, alla destra. Ahi, nessun altro vorrà giacere al mio lato! — Coricarmi vicino a te, oh, era pur soave, era por delizioso! Ma non mi verrà mai più fatto. Ora mi par come di avventarmi a forza verso di te, e che tu mi respinga indietro; e tuttavia sei tu, e a vederti pari sì buono e amoroso.

Fausto. Poichè conosci che son io, su vieni meco!

Margherita. Là fuori?

Fausto. Nell’aperto.