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parte prima. | 189 |
contorcendosi negli spasimi della morte, non bastasse a riscattare tutte le altre dinanzi all’infinita misericordia. A me l’affanno di quest’unica strazia profondamente il cuore, e tu sogghigni placidissimo sul destino delle migliaia.
Mefistofele. Ecco noi siamo di bel nuovo fuori dei gangheri. Quest’è il termine dove il senno degli uomini si smarrisce, e dà in pazzie. Perchè vuoi tu fare comunanza con noi, se sei inetto a tenerci dietro? Vuoi volare, e non sai se non ti girerà il capo. Dimmi, ci siamo noi cacciati intorno a te, o tu intorno a noi?
Fausto. Non digrignare così contro di me quegli ingordi tuoi denti! Mi fai ribrezzo! Eccelso, ineffabile Spirito, tu che hai degnato di apparirmi, tu che discerni il mio cuore e l’anima mia, perchè mi hai tu dato alle mani di questo ignominioso, il quale si pasce di mal fare e giubila nello sterminio?
Mefistofele. Hai tu finito?
Fausto. Salvala, o guai a te! Sul tuo capo la più spaventevole delle maledizioni per migliaia d’anni.
Mefistofele. Io non posso sciogliere i ceppi del Vendicatore, nè disserrare i suoi chiavistelli. — Salvala! — Or chi l’ha, dimmi, precipitata? Io o tu? (Fausto guarda torbidamente qua e là.)
Mefistofele. Vai tu cercando la folgore? Gran fortuna che non fosse conceduta a voi miserabili mortali. Infrangere chi ti si fa innocentemente incontro, è il modo con che i tiranni si disfogano ne’ loro frangenti.
Fausto. Conducimi a lei, e saprò io liberarla!
Mefistofele. E il pericolo al quale ti metti? Ben