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parte prima. 159

meco nel seno tutti i miei guai; e non appena io son sola, io piango, e piango, e piango, che il cuore mi si fende nel petto.

Ho irrigato delle mie lagrime i vasi dinanzi la mia finestra, quando sull’alba io colsi per te questi fiori.

Il sereno raggio del mattino appariva nella mia camera, ed io già sedeva sul letto travagliata dai miei gran mali.

Abbi misericordia! salvami dall’ignominia e dalla morte. Deh, inchina, o Addolorata, benignamente il tuo aspetto sovra di me, e vedi il mio affanno.


Notte.


VIA DINANZI LA PORTA DI GHITA.


VALENTINO, soldato, fratello di Ghita.

Un tempo, quand’io mi ritrovava a far gozzoviglia, fra gli schiamazzatori e i millantatori, e chi metteva in cielo questa e chi quella fanciulla, inaffiando a prova di gran bicchieri le lodi, io mi stava zitto ad udirli, e coi gomiti posati in sulla mensa lasciava sfogare quelle loro spampanate. Indi lisciatami, sorridendo, la barba, e dato di mano a un colmo bicchiere, io diceva: Bello è quel che piace! Ma avvi in tutta la contrada una fanciulla che possa paragonarsi alla mia Ghituccia? che sia sol degna di allacciare le scarpe a mia sorella? E allora udivi un subito tintinnire di tazze, e grida di allegrezza. Egli ha ra-