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parte prima. 131


PASSEGGIO.


FAUSTO va e viene pensieroso; MEFISTOFELE

fassegli incontro.

Mefistofele. Per l’amore ributtato! Per gli elementi infernali! Oh, sapessi io qualche più terribile imprecazione!

Fausto. Che hai tu? qual dolore li morde? Ch’io non ho mai vedulo simil ceffo a’ miei dì.

Mefistofele. Io mi vorrei dar subito al diavolo, se non fossi quell’io.

Fausto. Sei tu fuor di cervello? Sta bene a te di entrare in bestia così, simile a un imperversato.

Mefistofele. Pensa un po’ tu, che quelle belle dorerie provvedute per Ghita son ite in bocca a un prete. Sua madre ebbe, io non so come, a por gli occhi sovr’esse, e subito si sentì tutta rimescolare. La è una buona donna che ha buonissimo naso, poichè l’ha sempre penzolone sul libro delle orazioni. Ella si fece ad annasare ad uno ad uno i gioielli per discernere se fosser cosa sacra o cosa profana, e sentì chiaro all’odore che non portavano con sè gran benedizione. Figliuola, diss’ella, la roba di mal acquisto avviluppa l’anima e contamina il sangue. Consacreremo ogni cosa alla Madre del Signore che ne ristorerà con la manna celeste. La Ghituccia arricciò il naso, e diceva a mezza bocca: Egli è un caval donato; e certamente non dee essere un nimico di Dio chi fa di sì bei regali. La madre mandò per un prete, il quale, intesa quella storiella e vedute le gioie, disse: Ben pensato, buone donne; chi si astiene,