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che non si può così in fretta e in furia venire al possesso di quell’amabil figliuola. In questa pratica non è alcun guadagno coll’impeto, e ci bisogna usare scaltrezza.

Fausto. Deh, almeno procurami qualche cosa di quell’angioletta. Ponimi nella sua camera; trovami un fazzoletto che sia stato sul suo seno; una sua legaccia; qualcosa insomma che conforti il mio ardore.

Mefistofele. Perchè veggiate che il vostro affanno mi tocca nell’animo e che ho buon desiderio di sollevarvene, noi non daremo alcun indugio; e vi metterò pur oggi in camera sua.

Fausto. E vedrolla? avrolla?

Mefistofele. No, in vero! Ella sarà da una sua vicina; e tu intanto solo soletto, spirando l’aura piena della sua presenza, assaporerai a tuo bell’agio il pensiero delle tue future delizie.

Fausto. Possiam noi andare?

Mefistofele. È ancora per tempo.

Fausto. Provvedi qualche regalo per essa. (Parte.)

Mefistofele. Siam già in sui regali? Ottimamente! egli riuscirà senza fallo. Io conosco parecchi bei ripostigli, e molti tesori sepolti da antico, ed or viene in acconcio ch’io dia loro un’occhiata. (Parte.)