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parte prima. 125

Fausto. Ella se ne va per là ora ora.

Mefistofele. Quella? Ella si è spiccata testè dal suo pretonzolo, che l’ha assolta da ogni peccato. Io m’era appiattato presso all’inginocchiatoio, e vi so dire ch’ell’è una povera innocente che va a confessarsi di un nonnulla. Non ho alcun potere su di essa.

Fausto. Ell’ha passato quattordici anni.

Mefistofele. Tu parli proprio come Gianni Scapigliato, il quale pensa che il suolo non germogli fiori che per le sue nari; e non vi abbia onore nè favore ch’ei non debba piluccarselo. Ma non si può sempre ciò che si vuole.

Fausto. Orsú, messer Mett’impacci, non mi stia in sulle pedagogherie! — Sai tu quel ch’io ti concludo? Se non mi poni questa sera con la giovane a mezza notte, io ti rompo il patto.

Mefistofele. Pensate un poco s’egli è fattibile. Mi bisognano almeno quindici di sol per ispiare l’occasione.

Fausto. S’io avessi solo sett’ore a mia posta, io ne disgraderei il diavolo per ridurre al mio piacere simil creaturella.

Mefistofele. Oramai voi parlate quasi come un Francese. Ma via fate buon animo. E che rileva voler godere così di subito? Il godimento non è mai sì bello e soave, come quando tu sii stato lungamente in faccenda, raffazzonando la tua bambola, e rimutandole mille maniere di gale, come si legge in molte novelle italiane.

Fausto. Ho buon appetito senza queste salse.

Mefistofele. Or lasciando il burlare, io vi dico