Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/132

124 fausto.

noscerai tosto come l’alato Cupido si agiti e saltelli in qua e in là.

Fausto. Deh, lasciami gettare ancora uno sguardo nello specchio. Oh, era pur bella quella immagine!

Mefistofele. No, no; vieni, chè tu vedrai fra poco in carne e in ossa dinanzi a te il modello di tutte le donne. (Fra sè.) Con quel beverone in corpo tu vedrai tosto Elena in ogni femmina.



UNA VIA.


FAUSTO, MARGHERITA passando.

Fausto. Posso, quella bella signorina, darvi il braccio, e accompagnarvi?

Margherita. Io non sono nè bella nè signorina, e so andare a casa da me. (Si scioglie da esso e vassene.)

Fausto. In fè del cielo, l’è una bella fanciulla colei! Non ne ho mai veduto una simile. Ell’ė sì modesta, sì ritrosa ed ha nel tempo medesimo non so che di saporito. Con quella sua boccuccia di rose, quelle sue lucide goluzze, — oh, io non me la scorderò in tutta la vita! E quel suo gittar gli occhi a terra mi si è profondamente fitto nel cuore. E come le è montata subito la collera! su proprio una delizia. (Mefistofele entra.)

Fausto. Odi, tu mi devi procurare quella fanciulla.

Mefistofele. Che fanciulla?