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parte prima. 121

Mefistofele a Fausto. Amico, tirane profitto! A questo modo si suol trattare con le streghe.

La Strega. Or mi dite, che vi bisogna?

Mefistofele. Un buon bicchiere della felice pozione che sai. Ma chieggoti che ce ne dii della più vecchia, chè gli anni raddoppiano la virtù.

La Strega. Di tutto cuore. Ne ho qui un fiaschetto del quale gusto di tanto in tanto io medesima, e che non getta più alcun lezzo. Di buon animo ve ne do un bicchierino. (Piano.) Ma ben sapete che se quest’uomo ne bee senza preparazione, egli non può campare un’ora.

Mefistofele. Va, va; ch’egli è un mio buon amico, e gli farà bel pro. Io gli consento il migliore della tua cucina. Descrivi il tuo circolo; di su le tue parole, e dàgliene un bicchier colmo.

(La Strega forma con atti strambissimi un circolo nel pavimento, e pone in esso parecchie strane cose: i bicchieri dànnosi a sonare, il calderone a mormorare, e fanno musica. In ultimo ella reca un librone, e colloca nel circolo i Gattomammoni, i quali le servono di leggio e tengono le fiaccole. Accenna a Fausto di accostarsi a lei.)

Fausto a Mefistofele. No, se tu non mi di’ che n’ha a riuscire. Quella robaccia, que’ gesti arrovellati, quelle sporcissime ciurmerie mi son note e odiose già troppo.

Mefistofele. Poh! egli è sol per ridere! Non farmi ora lo schifiltoso. Ella dee come medichessa fare un hocuspocus, acciocchè la bibita faccia buona operazione. (Fa entrare Fausto nel circolo.)