Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/110

102 fausto.

delli. Un pocolino d’aria infiammabile, ch’io ora preparerò, ne solleverà tosto da terra, e purchè siamo leggieri, andremo velocemente all’insù. Mi congratulo teco del bello e lieto vivere che ti si apparecchia.


LA CANTINA DI AUERBACH IN LIPSIA.


allegra brigata di bevitori.

Frosch. Nessun bee? nessun ride? V’insegnerò io a stare ingrugnati a quel modo. Voi solete pigliar fuoco come zolfanelli, ed oggi mi somigliate paglia fradicia.

Brander. Ne hai la colpa tu; non intavoli nulla; non sai dire una goffaggine, non una porcheria!

Frosch, versandogli un bicchier di vino sul capo. Eccoti l’uno o l’altro.

Brander. Porco rifatto!

Frosch. Chi così vuole, così abbia.

Siebel. Via di qua gli accattabrighe. Su, canti, e bicchieri in ronda. Beete! Strillale quanto ne avete nella gola! Oh! uhi! oh!

Altmayer. Ohimè, io sono spacciato! Qua cotone! Quel gaglioffo m’ha squarciate le orecchie.

Siebel. Sol dall’eco della volta si apprezza la forza del contrabbasso.

Frosch. Senz’altro; e via col diavolo i permalosi. Ah! tara lara là!

Altmayer. Ah! tara lara là!