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100 fausto.

(Alto.) Facil cosa è penetrare all’essenza della medicina. Voi studierete piccioli e grandi, per lasciar andare in ultimo ogni cosa come a Dio piace. Indarno vi affannereste per far tesoro di scienza: ciascuno impara quel poco ch’ei puo; ma quegli è valente che sa porre le mani sull’occasione, nè tardi piange la sua sciocchezza. Voi siete basievolmente ben piantato, nė vi mancherà ardire, credo; e sol che confidiate in voi stesso, ogni anima si confiderà in voi. Imparate specialmente a ben maneggiare le donne; quei loro eterni «ahi! ohimè!» esalati in tanti modi diversi, si vogliono curare tutti di un modo solo; e purchè sappiate mezzanamente parer galantuomo, le terrete tutte nel carniere. Vi bisognerà avere un titolo a farle persuase che l’arte vostra è la migliore d’ogni arte, e di primo tratto saranno lecite a voi tutte quelle cosucce che ad altri costano anni ed anni di preghiere e di lusinghe. Sappiate toccar loro il polsicino con bel garbo; indi con occhiale tra il tenero e il maliziato, avvolgete il braccio intorno al loro agile fianco, come per vedere se fossero troppo stringate.

Lo Scolaro. Questo mi entra meglio; e vede netto il che e il perchè.

Mefistofele. Fratello, ogni teorica è sterile, ma lieto e florido l’albero della vita.

Lo Scolaro. Io le giuro che mi par di sognare. Potrei io venire un’altra volta a sturbarla, per meglio imbevermi delle sue dottrine?

Mefistofele. Dove io valgo e posso, non sarò mai per mancarvi.

Lo Scolaro. Io non saprei andarmene, se prima