Lo sposo, i figli e i cittadin non ponno:
Nè fu la soglia alcun dubbioso pende,
E forse allora dell'aspetto estremo 625Dell'amata città satollo parte:
Trabocca fuor l'irrevocabil volgo.
O Numi troppo generosi e larghi
Nel dar gran doni, e nel serbarli avari!
Una città di popoli ondeggiante1, 630E di sconfitte genti, ed atto asilo
Tutta a raccor l'umana schiatta in preda
Sì presto s'abbandona al civil ferro!
Il Romano guerrier in stranj lidi
Con poca fossa da notturni rischi 635Si da difesa, e un improvviso schermo
Di debil palizzata infra le tende
Porge sicuri i sonni; e tu sei, Roma,
Abbandonata al primo grido appena,
Che suoni all'armi? Le tue mura invano 640Fan scudo una sol notte. Eppur non lice
Tacciar tema sì vil: fugge Pompeo2.
Allor perchè la dolce speme almeno
Non raddolcisse i lor timor, s'accrebbe
D'un più tristo destin non vana fede, 645E di portenti i minacciosi Numi
↑Roma in que' tempi Capitale di tutto il Mondo conteneva più di quattro milioni di abitanti, ed aveva il circuito di cinquanta miglia.
↑Fa maraviglia come Roma, ai tempi di Annibale, molto meno possente resistesse intrepida al vicino esercito Africano, ed ora molto più poderosa si avvilisse con uno scompiglio generale. Ma al presente l'esempio del Capitano che fugge, e la divisione dei due partiti sono la cagione di sì grande disordine, specchio assai chiaro che ogni Regno più forte dalla discordia, e dal cattivo regime viene atterrato.