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DI LUCANO LIB. I 25

Del Tosco Tebro, io degli Ausoni campi
470Andrò misurator: qualunque torre
Voglia al suolo adeguata, all'aura spinte
Dagli arieti nostri andran le mura;
E la prima città, che tu dall'imo
Schiantar destini: sia pur Roma istessa.
475A questi accenti acconsentir concordi
Le schiere tutte l'inarcate mani
Alto levando. Si solleva al Cielo
Un tal schiamzzo, qual del gelid'Ossa
S'ode fragor nell'agitate selve,
480Allorchè sopra i vacillanti abeti
Il rapido aquilon si stende e mugghia.
     Come Cesare vide arder sì pronte
Le schiere all'armi, e sì propizj i fati;
Per non lentar della fortuna il corso,
485Per le Galliche ville i guerrier sparsi
A se rappella, e move a Roma il campo.
Già s'abbandonan del Leman profondo1
L'alte trincee, e le scosese torri,
Che feano scudo ai Lingoni pugnaci.
490Lasciano questi d'Isara le sponde,
Che mischiando i suoi flutti a più famoso
Fiume maggior va senza nome al mare.
Sono i biondi Ruten disciolti e sgombri
Del Romano presidio, e l'Ati gode
495Di non portar le Lazie prore, e il Varo
Confin d'Italia, e dell'Erculco nome
L'altero porto: che col cavo monte
Incalza il mare: su lui vana è l'ira
Di Zefiro e di Coro, e Circio solo

  1. Oggi lago di Losanna, a Ginevra.