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DI LUCANO LIB. I. 13

I Numi posto alle felici imprese,
Nè a gente alcuna diè la sorte il vanto
105Di debellar un popolo possente
In terra e in mar: tu sei de' nostri affanni,
Roma, cagion con quel funesto nodo,
Che i Triumviri allaccia, e parte il regno
Infra la turba. O con maligna pace
110Alme concordi, e d'orgogliose idee
Fervide troppo, a che partir vi giova
Fra voi la terra, ed accoppiar le forze?
Mentre cerchio faran i lidi al mare,
L'aria alla terra, e con alterno giro
115Correran i lor segni il giorno e l'ombra,
Non si debbe prestar unqua mai fede
Ai compagni di regno, ed ogni impero
Intollerante di rival sia sempre.
Non sian specchio altre genti, e non si legga
120Altro esempio remoto in sen dei fati:
Già questa mura dal fraterno sangue
Nel lor sorger fur tinte; e non fu allora
Premio del reo furor la terra e il mare,
Ma d'un nascente asìlo il cerchio angusto.
     125Nel suo primo apparir presto si sciolse1
L'amistà non sincera, e fu la pace
Non spontanea ai guerrier, poichè il sol freno
Era allor Crasso alla futura guerra.
Siccome l'Istmo, che col tenue lembo
130Parrendo il doppio mar non lascia insieme
Mischiarsi l'onde, ove s'arretri il suolo,

  1. Allude al Triumvirato di Crasso, Cesare e Pompeo. Morì Crasso nella guerra contro i Parti; la morte pur involò Giulia moglie di Pompeo e figlia di Cesare, e perciò si sciolse il legame della loro amistà.