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44 | odi |
XXV
L’amante deluso
(1786)
Ove d’Isernia piú la selva è bruna,
per il notturno orrore,
al debol raggio dell’incerta luna
mi conduceva Amore.
5Piú la notte rendean tetra e dolente
il mesto suon dell’onde,
dei venti il fischio e il mormorio frequente
dell’agitate fronde.
— Fille, ove sei? — dicea, trovando spesso
10inciampo ai passi miei;
e una voce affannosa a me d’appresso
rispondeva: — Ove sei? —
Presto, pietosa, a discoprir l’inganno
l’aurora in cielo apparve:
15arsi di sdegno, ma l’Amor tiranno
rise maligno e sparve.
Così dall’ombre, invan placate, al giorno
tornato Orfeo, le meste
rifee campagne trascorrendo intorno
20e le pangee foreste,
la perduta Euridice agli antri, all’onde
chiedea, sposo infelice,
e rispondeano le strimonie sponde:
— Euridice... Euridice...! —