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nota 457


resta finora la silloge piú ricca delle poesie e delle prose del F. Divisa in 3 voll., contiene, nel primo, le Odi (divise in quattro, non in tre libri, come scrisse, per una evidente svista, lo Sforza), con Osservazioni sui metri e Annotazioni di Agostino Fantoni: nel secondo, gl’Idilli, le Egloghe virgiliane, le Notti, i Poemetti, gli Scherzi, con le annotazioni relative; nel terzo, gli Epitalami, i Sonetti, le Odi anacreontiche, varie altre odi, l’idillio Il sacrifizio, l’In obitu Lycophontis, oltre alcuni frammenti, le solite annotazioni, le Prose letterarie e le Memorie storiche sulla vita di G. F.

Con la quale edizione (che ebbe una materiale ristampa a Lugano, 1823-4) potrei anche chiudere il rapido elenco da me qui abbozzato, giacché d’allora in poi le poesie di Labindo non vennero piú pubblicate integralmente, ma soltanto per iscelte piú o meno copiose. Ricorderò per altro, honoris causa, tra le parecchie che se ne fecero, quella di 50 odi, inserita dal Carducci nei suoi Lirici del sec. XVIII. E vorrei pur lodare, se ciò fosse possibile, l’edizione delle sole Odi, che in modo assai affrettato pubblicò nel 18S7, presso il Triverio di Torino, Angelo Solerti. Qualche parola, per altro, mi sembra necessaria intorno all’Epistola a Napoleone Bonaparte, la quale, trovata fra le carte di Vincenzo Salvagnoli, cui nel 1840 era stata donata da Agostino Fantoni in una copia manoscritta del tempo, venne per la prima volta pubblicata da Alessandro D’Ancona in una edizioncina per nozze di soli 60 esemplari (Pisa. Nistri, 1890), insieme con questa lettera, diretta parimente a Napoleone, che la precede:

Voi potreste essere l’uomo piú grande che abbia esistito e porvi in capo della lista dei benemeriti della vostra specie. I tempi e la progressione dello spirito umano vi hanno preparate le circostanze, e queste la gloria di poter esser utile sommamente. Pochi nell’istoria hanno avuto una situazione piú favorevole. Ma l’occasione fugge, la vita dell’uomo è breve, l’insidie che lo circondano, se è potente, molte e frequenti: onde per poco gli è concesso di fare il bene. Chi perde il momento di farlo o siegue l’orme degli ambiziosi volgari, si confonde fra la folla degli uomini, ed è reo verso se stesso e presso l’umanitá. Perisce, è vero, la sua coscienza, ma non quella della posteritá, che lo giudica.

Abbiate la gloria che vi conviene: astraetevi, se avete veri talenti, dal comune degli uomini illustri, e procacciatevi nel gran piano che non potete fare a meno di meditare, con la prosperitá dell’Italia, un giudizio che sia degno delle vostre circostanze e di una giusta ambizione.