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     10Questi non son piú quelle cifre, degni
intrecciati fra lor lacci d’amore,
del nostro antico ardor teneri pegni;
     né piú Armida son io, che per signore
t’elesse, per suo amante e per sua guida:
15ma Armida abbandonata al suo furore;
     e per pingerti ancora, anima infida,
quale pende su te periglio estremo,
avida di vendetta, offesa Armida.
     La magic’arte, al cui poter supremo
20ciel, natura obbedisce ed i letèi
stagni, che fende inesorabil remo,
     che virtú chiude imperiosa in lei,
e alle leggi dell’uom l’uom non soggetta
rendendolo maggior fin degli dèi,
     25dubiti tu che, se a formar perfetta
la mia gioia servi fra i dolci amplessi,
egualmente non serva alla vendetta?
     Che! sotto ciel di cupi nembi e spessi,
grave, e su d’ardui monti d’infecondo
30e pigro gelo eternamente oppressi,
     sotto i gelati poli, ove, fecondo
non avendo natura il sen, languisce
agli ignoti confin del nostro mondo,
     ove spontaneo mai tronco fiorisce,
35avrò creato di delizie un regno
con quest’arte che ai mei cenni obbedisce;
     ed io poi non potrò, quando un indegno
e un traditor m’oltraggia, a mio talento,
come l’amore, anche appagar lo sdegno?
     40S’armi contro l’ingrato ogni elemento,
e a quei, che credon l’incostanza un dritto,
sia d’esempio sua morte e di spavento.
     Sulle mura di Solima trafitto
Rinaldo l’infedel vittima spiri
45della vendetta mia, del suo delitto.
     Me infelice! ove mai tu, che m’ispiri,
mi trasporti, o dolor? E tu incostante
ridi, e rider ne puoi de’ miei deliri?