Pagina:Fantoni, Giovanni – Poesie, 1913 – BEIC 1817699.djvu/379


sciolti 373

305su mercantili or non gloriose prore,
geme in fondo del cor l’onta e lo sdegno
e del commercio e dell’onor perduto;
e udrai le voci di vergogna illustre
dei Duili, dei Poli e dei Colombi.
310Tacito scorri ove dell’arti belle
nei santuari, al profan vulgo ignoti,
avidi sol di gloria, i tanti figli
del genio creator di Raffaello,
Marcantonio, Michel, Cellin, Bramante
315e del soave Pergolese. . . . . . . . . .
Oh, quanti incontrerai che in tele, in carte,
in marmi, in bronzi, anfiteatri ed archi,
non la propria, negletta e spesso oppressa,
ma la virtude altrui rendono eterna!
320Fra quei dotti t’inoltra, a cui non macchia
util menzogna ed ambiziosa smania
l’anima sobria e il non corrotto ingegno;
che non vendon la lode e muti stanno,
tracciando all’avvenir gesta e precetti;
325che, sacri al vero, alla famiglia e ai stanchi
fratelli, sparsi sull’oppressa terra,
vivon negletti dai potenti: e cento
Machiavelli vedrai, Tulli, Petrarchi,
Galilei, Beccaria, Giannotii e Strozzi,
330piú pensosi d’altrui che di se stessi.
Ma non ti basti rinvenirli: è d’uopo
idoneamente destinarli; prima
scienza di chi governa e certo mezzo
di felice successo in ogni impresa.
     335Te il popolo sovrano organo e guida
del suo volere riconosca allora:
ne’ suoi comizi il tuo lavor sanzioni;
qual figlio del suo cuor l’adotti e il serbi
libero ai figli e a chi verrá da loro.
340Compita e accetta la grand’opra, eguale
di te chi fia, se fra noi resti, o scendi
ove a tutti natura util prescrive
letto di polve e sconosciuto sonno?
Non da tremanti altari incensi e voti