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354 sciolti

del genitor mi chiama: ecco la notte
110della mia tenerezza e del mio pianto.
I benefici tuoi tento, né posso
numerar singhiozzando, e tu vorresti
consolarmi, ma invan... M’abbracci: io parto.
Da quel momento un sol destin ci strinse,
115né sciórre ne potrá l’amato nodo
d’astro maligno velenoso influsso,
aurea lusinga di ricchezza, o, figlio
di pallida viltá, freddo spavento.
Non dall’urtar dei coronati nappi
120nacque in noi l’amistá su l’ebrie mense,
non dai lascivi garruli concetti,
padri della licenza e delle risse.
Ci animò la virtú, la non velata
sinceritá ci palesò l’occulta
125somiglianza dei cuori e li congiunse.
Ambo cadremo nel promesso giorno
e nell’istessa lacrimevol ora,
ché taceranno dei tuoi colli i veltri,
dell’arpa mia s’ammutiranno i nervi.
130La guateranno rispettosi, appesa
alle pareti di deserta stanza,
i futuri cantori; e, a quella appresso,
non oserá di brancicar l’imbelle
col fiacco braccio il concavo tuo ferro,
135morte di belve, dal fulmineo lampo.
     In riva al mar c’innalzerá la tomba
la pietá dei nipoti. Un nuovo scoglio
serberá il nostro nome: ai naviganti
diverrá segno, fra l’orror dei nembi;
140e il ligure nocchier, salvo dall’onde,
dirá, baciando le muscose pietre:
— Qui dorme il vate, ed ha l’amico accanto.