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346 idilli

XVII

Delia

Formosum pastor Corydon ardebat Alexin.

Virg., Egloghe, ii

     Della figlia d’Alcon, Delia vezzosa,
Tirsi, pastor dell’Appennin lunense,
ardea senza mercede, e al fiume in riva
coi sordi boschi e le vicine rupi
5si lagnava romito, al suo dolore
dando inutile sfogo in questi accenti:
— Delia crudel, tu i versi miei non curi,
né ti muove a pietade il mio tormento?
Vuoi vedermi morir? Pastori e greggi
10ricercan l’ombra, e fin dentro la macchia
si occultan le lucertole: solo io,
mentre sugli arboscei stridono roche
le noiose cicale, e per la ghiaia,
avide del pantan, saltan le rane,
15gracidando, assetate al sol cocente,
erro inquieto del tuo piè su l’orme.
Ahi! non bastò ch’io tollerassi un lustro
i capricci di Nice e l’ire ingiuste;
di Nice, ingrata quanto bella, pure
20meno bella di te, meno tiranna.
Bionda donzella dai neri occhi, sparso
di minio il volto, nel candor del latte
di tua beltá, non gir superba: fugge
presto l’etá di giovinezza, langue
25su la siepe la rosa, e il bianco capo
chinan sul campo gli appassiti gigli.
Perché mi fuggi, né ai pastor tu cerchi
Tirsi qual sia, quanto di gregge ricco,
quanto di latte? Sui vicini monti