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idilli | 337 |
10
Scossi il giogo d’amor, l’empia spezzai
ferrea catena, onde io gemeva a torto,
e, di pascolo privo, alfin sperai
nell’amicizia ritrovar conforto;
ma la turba pieghevole importuna
amava, piú di me, la mia fortuna.
11
Ma come in altri ritrovar potea,
se in me non rinveniva un fido amico?
Ahi! la natura quale in sen ci crea,
nel destarvi il desio, fiero nemico!
L’uomo, inquieto sempre e malcontento,
forma del suo piacere il suo tormento.
12
Conobbi allor di cittadine mura
fra l’indiscreto strepito noioso,
che invan cercava la tranquilla e pura
pace dell’alma e il candido riposo:
del mio destin e di me stanco omai,
all’antica foresta io ritornai.
13
Prezzo de’ miei tesor, questa mi vende
valle fertil di campi il vecchio Egisto.
Il povero mio cuor di fare intende
dei campi insieme e di sua pace acquisto;
ma la noia, che ognor l’agita in petto,
mesta lo segue nel cangiato tetto.
14
Avvezzo agli agi, piú non trova in questo
quella pace, che un di goder credea;
quello che ora lo cruccia e gli è molesto,
la sua felicitade allor facea,
perché ancora con lui, qual pria, non stanza
la madre del piacer, cara ignoranza.