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idilli | 329 |
Dameta
«Tanto ama l’ozio Amor, quanto le zolle
pingui il frumento, il bianco pioppo il fiume,
il platano il ruscel, la vite il colle».
Menalca
«Ma dolce è l’ozio; ché de’ cuori il nume
65di nettare lo sparge, e ciascun piange,
se sdegnoso da lui volge le piume».
Damone
«Piú volte il veggo, ove il ruscel si frange
‛a scoglio d’alga, mascherato il viso’,
che si ride di noi, né ci compiange».
Dameta
70«Anch’io lo vidi, d’uman sangue intriso,
dardi aguzzar con fanciullesche dita,
e a noi scoccarli con protervo riso».
Menalca
«Uno a me ne lanciò; di mia ferita
però son lieto e benedico il giorno,
75onde appresi a gustar che sia la vita».
Damone
«Lungi vada il crudel dal mio soggiorno,
e scacciatei da voi, ninfe e pastori».
Tirsi
Cessa, incauto caprar! S’asconde il giorno
e della sera il venticel vien fuori;
80Espero rilucente in ciel fiammeggia.
e cadono dai monti ombre maggiori.
Non far, Damon, che piú si altier ti veggia,
e alla capanna tua saggio ritorna.
Itene, amici, a radunar la greggia:
85a voi tocca il capretto, a lui le corna.