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idilli 327

     Alcon sfidasti al paragon del canto,
20e fosti vinto dal fanciullo Ergasto:
credi d’essere Apollo, e sei Zananto.

Menalca

     Mel rammento ancor io, che del contrasto
giunsi sul fine; e il fanciullin seduto
era su d’una botte e tu sul basto.

Damone

     25Io?... V’ingannate, non ho mai ceduto;
né vi temo, e a cantare anzi vi sfido.

Dameta

All’impegno acconsento.

Menalca

Io nol rifiuto.

Damone

     Tanto di me, de’ versi miei mi fido,
che un capretto depongo. Eccolo: a pena
30tener lo posso, in vostra man l’affido.

Menalca

     Ed io depongo questa fiasca piena
di malvagia, che di Maremma io reco,
aspra d’intagli, e da me compra in Siena.

Dameta

     Io questo agnel, che fra le braccia ho meco.
35Ma chi giudice fia?

Damone

Veggo da lunge
il vecchio Tirsi, che Licisca ha seco.

Menalca

     Quant’opportuno e desiato ei giunge!
Seco cantai piú volte, e sento in petto
che la presenza sua lena mi aggiunge.