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idilli | 317 |
VI
Il temporale
1
Nascea dal monte il mattutino raggio,
e Fillide tra i fior meco sedea
su la sponda del rio, sotto d’un faggio,
a cui d’intorno il gregge suo pascea,
e un fresco venticel la bionda chioma
spargeale sciolta su l’acerbe poma.
2
L’impaziente vaga verginella
si lagnava dell’aura, e con la mano
il crin fuggito, dalla faccia bella
volea, crucciosa, allontanare invano:
— Io vo’ — le dissi — in stretto nodo avvolto
cingerti il crin, che ti lambisce il volto.
3
Corrò due rose, che, in pieghevol strette
laccio d’amor, lo freneranno errante;
l’aura importuna le tue chiome elette
non oserá di sprigionar tremante:
l’arresterá su que’ capelli d’oro
il timor di sdegnarti e il mio lavoro.
4
Tu vien’ meco, idol mio: dove il torrente
scende dal monte nello stagno e fiotta,
sorge cara ai pastor siepe ridente
nel fesso scoglio della nera grotta. —
Fille mi segue, e giá s’udia vicina
l’onda mugghiar dalla pendice alpina.