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idilli | 311 |
IV
Il lampo
Omai la notte, dai cocenti ardori,
difendeva dal sol greggi e pastori;
nascente auretta con le placid’ali
lusingava la pace dei mortali;
5e rompea l’ombra, che cresceva bruna,
coi nivei raggi la falcata luna.
Tirsi, quel Tirsi, i cui soavi accenti
si arrestan spesso ad ascoltare i venti,
quando sul flauto, e su l’agreste canna
10torna, cantando, alla natia capanna,
sedea presso i’ovil, dove l’alpestre
monte si fende, e sacro al dio silvestre
l’antro s’incurva, e in roco mormorio
morde la rupe e la circonda il rio.
15Melampo, il fido cane, a quella accanto,
chino in sul ventre si riposa intanto,
il muso appoggia su le zampe, guizza
la torta coda e l’alte orecchie rizza;
cade una foglia, sorge e ne va in traccia,
20digrigna i denti, abbaia e il ciel minaccia.
Tirsi cantò. Del rivo allora l’acque
lussureggiâr tremanti e il cane tacque: