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308 idilli

III

La solitudine

     — Tacente solitudine profonda,
all’ombre amica, della valle sacra
al temuto silenzio e al mio dolore
regnatrice tranquilla, or che piú ardenti
5vibra i raggi dal ciel l’estivo sole
mi assido sopra quest’ignuda rupe,
a cui veggo le fosche errar d’intorno
immagini di morte e di spavento.
Rivo, che rompi la canuta spuma,
10nell’orror della grotta accheta il fiotto;
e voi, riscosse dal lottar dei venti,
sospendete il susurro, amiche frondi;
dal limaccioso sen della palude
non gracidi la rana, e su quell’alta
15quercia non gracchi il negro stuol dei corvi.
Solo dal salcio l’usignol dolente
dolce gorgheggi e, ricercando il lento
suono del pianto, il mio dolor secondi.
Forse, chi sa, che al par di me non pianga
20la perduta compagna e la tradita
candida fé, che nelle selve ancora
abita in petto dei pennuti amanti.
Dopo due lustri di feconde brame,
di corrisposta tenerezza, sparve
25la mia felicitá, qual sonno o grigia
nebbia, che in sul mattin disperde il vento.
L’ingrata Clori coronò di Meri,
di me piú ricco in numerar l’armento,
le nuove fiamme, ed obliò le sacre
30leggi di amor, e per lo ciel dispersi
i vani invendicati giuramenti.