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idilli | 303 |
9
Driade scherzosa da una pianta fuore
esce al rumore con le chiome bionde;
ma, piena di vergogna e di timore,
nella scorza materna si nasconde:
un ardito fanciul l’adocchia; cheto
e a braccia aperte va del tronco dreto.
10
Non si tosto la vaga verginella
apre la scorza e per guatar s’affaccia,
che l’insolente su la faccia bella
le lancia un bacio e forte il tronco abbraccia:
invan tenta celarsi e cerca invano
fuggir ritrosa dall’accorta mano.
11
Soccorso grida, e la caprigna schiera
corre alla pianta e seco si trastulla;
un la tocca, un le accenna, un si dispera
che giungere non puote alla fanciulla
e di romper la calca invan si strugge;
uno vanne, un ritorna e un altro fugge.
12
Impallidisce il giorno: ai cheti orrori
cedono i raggi dell’argentea luce:
cercati l’ovile il gregge ed i pastori,
e Silvan nella grotta allor conduce
i suoi seguaci, e in mezzo all’onde algose
tornan le ninfe o nelle piante annose.
13
Solitario il boschetto in quegl’istanti
t’offre, Fille, un albergo, offre la pace
a due fedeli e fortunati amanti.
Un molle zeffiretto si compiace,
mentre dal seno un bianco vel ti scioglie,
lambir le rose e le languenti foglie.