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302 | idilli |
4
Dietro di questo le ritorte braccia
silvestre inarca pampinosa vite;
un corbezzolo, sacro ai fauni, allaccia,
che par tremando a riposar l’invite:
geme quell’arco, su cui son ridutti
i verdi rami ed i sanguigni frutti.
5
Quando dal ciel la sonnacchiosa aurora
il lembo scuote della rosea veste,
e i fiori avviva, e gli alti monti indora
Febo, fuggendo la magion celeste,
qui scendono le ninfe, e qui vivaci
vengon Silvano a carezzar coi baci.
6
I petulanti satiretti intorno
lor fan corona, e con scherzose grida
plaudono ai baci, salutando il giorno;
altri, sperando che lasciva arrida
al suo desio, socchiude l’occhio e chiede
un bacio a quella che piú docil crede.
7
V’è chi si cela dietro il sasso e, chino,
spesso nell’onde di balzar si arrischia,
se una naiade vede a sé vicino;
ignoto, un altro la richiama e fischia;
altri l’ha in braccio e il primo fior ne prende
su la sponda, che nvidiosa pende.
8
Ancor due lustri non varcâro quelli
cornuti putti, che salendo vanno
sul corbezzol vermiglio agili e snelli,
e dei lenti a salir beffe si fanno;
altri mangian le frutta, altri diletto
han di tingersi il volto ed altri il petto.