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292 notti

III

In morte d’un bastardo

(1783)

1
     Pallido figlio della colpa, esangue
frutto infelice di un funesto amore,
che la pena con te porti nel sangue
del delitto fatal del genitore,
perdona al mio dolor, perdona, oh Dio!
se ti diede la morte il fallo mio.
2
     Chi ti diede la vita? Ahi! che la sorte,
punitrice de’ rei, cangiò d’aspetto,
e, ministra di lei, scese la morte
a rinfacciarmi un sconsigliato affetto:
la vidi e piansi; ella guatommi e rise,
e su le membra tue lenta s’assise.
3
     Corsi tremante ad abbracciarti, invano
tentando oppormi al minacciato danno;
stesi tre volte la pietosa mano
credula, ahi troppo! del bramato inganno,
mentre sciolta dal fral corporeo velo
forse l’anima tua ridea dal cielo.
4
     Avaro gel la tarda man mi strinse,
che dell’inganno allor stolta si accorse;
sul caro busto, ove il dolor mi spinse,
immobil caddi e di mia vita in forse,
ed, indistinto nel comun periglio,
vi fu chi pianse il genitor col figlio.