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notti 289

II

Labindo alla tomba di Antonio di Gennaro
duca di Belforte

1
     Urna sacra al mio duol, sacra al riposo
di un antico fedel, ti veggo alfine?
Per te lasciai del Viracelo ombroso
l’ozio tranquillo e le foreste alpine,
e, per rendere al saggio i mesti onori,
peregrine recai lagrime e fiori.
2
     Aimè! ch’ei cadde, ed io non fui presente
della morte del giusto al grande esempio!
Fra il comun pianto nol seguii dolente
col fido Silva e con gli amici al tempio;
pria d’adagiarlo nella tomba, al mio
sen non lo strinsi e non gli dissi addio.
3
     O tu, che sola del mio duol qui sei
muta compagna nella notte bruna,
e per cieco sentiero ai passi miei
fosti guida fedel, pietosa luna,
fa’ ch’io schiuda l’avel, fa’ ch’io lo scopra,
né celarti fra l’ombre in mezzo all’opra.
4
     Salgo su l’urna... giá m’incurvo e tento
il sasso immane, che ne vieta il varco;
scosso lo spingo, lo sollevo a stento,
m’oppongo audace al ricadente incarco;
l’urto... egli cade... al colpo il suol rimbomba,
e tutta ai sguardi miei s’offre la tomba.