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168 | odi |
25Non più alle genti oracolo
Flora si cinge dell’antico orgoglio,
né, perduto spettacolo,
mira i re strascinati in Campidoglio.
Soltanto intorno all’urne
30di Furio e Mario, dai stranier temuti,
s’aggirano notturne
le non bene invocate ombre dei Bruti.
O tu, che osasti rompere
tanta speranza, con esempio orribile
35tutto potrai corrompere,
fuorché il sordo rimorso incorruttibile.
Tizio novello, in petto,
a lacerarti il cor, sempre l’avrai:
teco fia a mensa, in letto,
40alla tenda, alla pugna e ovunque andrai.
Di meritato scempio
ministra, pende dei littori in faccia
su la cervice all’empio
di Damocle la spada e lo minaccia.
45Tempi infelici! in cui
vano è sperar salute all’uomo infermo;
ché sol nei vizi altrui
cerca chi regge e medicina e schermo.
Come sperar di sorgere
50dal fango impuro del rinato vizio?
Chi ci oserá di porgere
nel troncato sentier lume propizio?
Di lucro vil ti rode,
misera umanitá, scabie funesta;
55scherno di nuova frode,
te rapace ambizion preme e molesta.