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156 odi



     Qui la virtude è un nome,
che usurpa avara ipocrisia; qui cingere
può sol d’allòr le chiome
chi sa meglio adular, curvarsi e fingere.

     Qui ai satrapi rapaci
non dá del mal oprar Temi demerito,
e, impunemente audaci,
l’ignoranza e il livor fan guerra al merito.

     Dell’oceáàn le chete
onde tentiamo, e sian meta al viaggio
quelle spiagge, che liete
offre Otaiti all’europeo, ch’è saggio.

     Ma no, pietosi i numi
ordin nuovo per noi di cose eleggono,
e gli antichi costumi
Libertade e Sofia caute proteggono.

     Giá il secolo cadente
le redini del tempo è pronto a cedere,
ed all’etá presente
una piú fausta etá veggo succedere.

     Invan nuovi tiranni
destan co’ primi o fingono congiure,
invan dei buoni a’ danni
giá fabbricate in ciel chiamaln sventure:

     tutti saranno eguali,
né incider si potran decreti spuri.
Esultate, o mortali:
un dio m’ispira i non dubbiosi augúri.

     Me vate, il secol fugge
d’argento, aureo lo segue, i ceppi frangere
può il vero, avvinto mugge
il vizio... Eh, cessa, Italia mia, di piangere!