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libro secondo | 149 |
25Si destan Siena, Crotone, Taranto,
del Po la donna, la donna adriaca;
né grida all’armi invano
l’aurea figlia di Giano.
Madre feconda- di biade e d’uomini,
30Italia, salve... Vittrice assiditi
sovra le tombe gravi
della gloria degli avi.
Per te i costumi modesti e rigidi,
per te gli antichi giorni ritornano,
35e ai fasti lor presiede
incolpabil la fede.
Che vuoi dall’Alpi, schiatta d’Arminio?
Perché ci chiami? Forse sei libera?...
Cessi fra noi lo sdegno,
40prendi la destra in pegno.
Oh, mobil troppo, Gallia magnanima,
di te che fia?... Gli anni s’offuscano
di tua grandezza... Ah! il fato
al fin teco è placato.
45Veggo che regni... Veggo... ahi, qual torbido
nembo si desta!... D’atra caligine
l’universo circonda
una notte profonda!
Tutto disparve... tutto... Abbandonami
50il nume... Ah! occulto sento che involasi...
Sento fischiar per l’etra
la fuggente faretra.