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134 | odi |
25Ma sì bell’onda inorridito mira
scorrer con fango di terreno esotico,
e, autocratici, cupidigia ed ira
regnar ministre del poter dispotico.
Invano i saggi, aimè! sì rari in terra,
30gridan che siam fratelli; invan sospirano:
è vittima la plebe, in pace e in guerra,
di pochi avari che fra lor s’adirano.
Dai lunghi studi dell’amica sposa
lieto riposa fra le caste braccia,
35e, fra i giuochi e i precetti, l’amorosa
garrula prole, sorridendo, abbraccia.
L’arti coltiva e del bisogno ai figli
util si rende, di potente insidia
salva gl’imbelli dai rapaci artigli,
40copre gli oppressi e non conosce invidia.
Figlio dell’Alpe, che la gelid’onda
lambe del Roia, cui d’eterna gloria
l’ardito nome e il nero crin circonda
il lauro dell’elvetica vittoria;
45se in riva al Po, se in riva al Tebro torni
e l’empia domi feritá vandalica,
se riconduci i desiati giorni
della tradita libertade italica,
qual ti prepara il ciel di lode immensa
50giusto tributo! Di trionfi sazio,
cercando i buoni, odiando i rei, compensa
degli affanni sofferti Italia e Lazio.
Ciò non desio, perché piú aratri io veggia
con vasto solco i nostri campi fendere,
55o il lunense pastor piú ricca greggia
guati dall’Alpe alla Maremma scendere.