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124 | odi |
XXVI
A Nice
La gelosia
(1787)
Nice, qualor l’erculee
membra di Licida tu lodi o l'umide
labbra, ahi! che tutte scuotonsi
in me le viscere, di bile tumide.
5L’inquieta mente offuscasi,
pungente doglia l’alma mi lacera,
e le furtive lacrime
il fuoco additano, ch’entro mi macera.
Ardo, se veggo al candido
10collo non solita macchia vermiglia;
ardo, se il volto attristano
solchi piú lividi sotto le ciglia.
Da lui che speri? Mobile
è piú di Zeffiro. Te, Foloe, Lidia,
15sedotte, inganna e, amabile
superbo, vantasi di sua perfidia.
Ne ride il volgo e beffasi
di me, che straziano gelose furie,
di te che, stolta vittima,
20tremando, tolleri torti ed ingiurie.
Beati quei che piangono
solo di gioia, d’amor nel laccio,
e l’uno e l’altro spirano,
indivisibili compagni, in braccio.