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libro primo 7

III

A Maurizio Solferini

(1781)

     Morde l’Eridano piú basso l’argine,
carezza Zeffiro l’erbette tenere,
scherzando seggono sul verde margine
le nude Grazie e Venere.

     5Del rivo placide l’onde si frangono,
i prati vedovi di fior s’adornano,
cangiate l’attiche sorelle piangono,
le chiome al bosco tornano.

     La fronte ingenua del volto pallido
10di rughe spoglia, Maurizio amabile;
terror dei giovani, lascia lo squallido
flagello inesorabile.

     Te lieti aspettano gli amici, splendono
d’argento candide le mense e fumano,
15i vini in limpido cristallo scendono
e gorgogliando spumano.

     Conca non chieggoti di malabarica,
miniera lucida, preziosa figlia,
non d’aureo «málaga», non d’anni carica
20iberica bottiglia.

     Pochi mi bastano versi, che fingano
gl’inimitabili modi d’Orazio,
per cui le torbide cure si spingano
sul vasto mar Carpazio.

     25Vieni, e dimentica l’ingrate voglie;
l’etadi rapide fuggon qual raggio;
il crine cingiti di verdi foglie;
chi a tempo scherza è saggio.