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108 odi

XIII

Dialogo

(Labindo e Licoride)

(1782)

LABINDO
     Crudel Licoride, tentasti frangere
la fé giuratami! Spezzato ho il laccio:
da te son libero, cessai di piangere,
vivo d’un’altra in braccio.
LICORIDE
     5Quai colpe immagini? Senza consiglio,
da me diviseti gelosa furia;
piansi, ma tersemi le luci un figlio
della vicina Etruria.
LABINDO
     Mio fuoco è Doride bella, dall’umido
10labbro di minio, bionda le ciglia,
d’occhi cerulei, dal sen che tumido
denso latte somiglia.
LICORIDE
     Mia cura è Licida, garzon fortissimo,
che Alcide in valide membra pareggia,
15a cui la guancia di pel biondissimo
il quarto lustro ombreggia.
LABINDO
Dori solletica la cetra instabile,
e i baci nascono, sorride Venere:
amar la voglio finché implacabile
20morte mi renda in cenere.