nell’olio, e molti ancora ne serrai in vasi di zucchero, di sale e di salnitro, e nessuno ne vidi mai morire; anzi tutti al dovuto lor tempo si trasformarono in uova nere con la concavità in uno degli estremi, e da esse, passato che fu lo spazio di quattordici giorni, nacquero altrettanti di quei mosconi de’ quali altre volte ho favellato; con questa differenza però, che tutti continuarono a vivere, eccetto che quegli, i di cui bachi furono unti coll’olio: imperocchè i mosconi di questi appena furono usciti del guscio che incontanente si morirono, anzi alcuni morirono prima che dal guscio fossero finiti d’uscire. Di qui argomentai esser veridico il detto di Galeno, di Luciano, di Alessandro Afrodiseo, di Ulisse Aldrovando e di Giovanni Sperlingio affermanti che le mosche, se gustano dell’olio, o se con quello sono unte, si muoiono. Ed in vero che, fattane da me l’esperienza, ogni qualvolta che io faceva che da una sola gocciola di olio fosse tocca ed inzuppata una mosca, in quello stesso momento ella cadeva fuor d’ogni credere morta. E perchè Ulisse Aldovrando e lo Sperlingio soggiungono che le mosche, in così fatta maniera estinte, ritornano in vita se al sole si espongano o di ceneri calde si aspergano, non mi piacque di starmene al loro detto, ma ebbi