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DI FRANCESCO REDI. 27

lette d’Arno, ed un taglio di vitella di latte, e poscia, serrate benissimo le bocche con carta e spago e benissimo sigillate, in altrettanti fiaschi posi altrettante delle suddette cose e lasciai le bocche aperte: nè molto passò di tempo che i pesci e le carni di questi secondi vasi diventarono verminose; ed in essi vasi vedevansi entrare ed uscir le mosche a lor voglia, ma ne’ fiaschi serrati non ho mai veduto nascere un baco, ancorchè sieno scorsi molti mesi dal giorno che in essi quei cadaveri furono serrati: si trovava però qualche volta per di fuora sul foglio qualche cacchione o vermicciuolo, che con ogni sforzo e sollecitudine s’ingegnava di trovar qualche gretola da poter entrare per nutricarsi in quei fiaschi dentro a’ quali di già tutte le cose messevi erano puzzolenti, infracidate e corrotte; ed i pesci di fiume, eccettuate le lische, s’erano tutti convertiti in un’acqua grossa e torbida che a poco a poco, dando in fondo, divenne chiara e limpida con qualche stilla di grasso liquefatto notante nella superficie; dalla serpe ancora scolò molt’acqua, ma il cadavero di lei non si disfece, anzi si conserva ancora sano quasi ed intiero, con gli istessi colori, come se ieri là dentro fosse stato rinchiuso; pel contrario l’anguille fecero pochissim’acqua; ma rigonfiando e ribollendo, ed a poco