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DI FRANCESCO REDI. 197

mo teatro degl’insetti, dove, al cap. 23 del 2 libro, non volendo tacciare d’inavvertenza quel profondissimo filosofo, volle più tosto, lambiccandosi il cervello, scrivere che l’asino non impidocchisce per cagione della natural pigrizia al moto, mediante la quale di rado suda; poscia parendogli forse questa ragione frivola molto e per avventura di niun peso, ricorre all’universale, ed in tutte le cose calzante e non mai manchevole rifugio dell’antipatia; ma ciò non ostante impidocchisce l’asino, e de’ suoi animaletti n’ho fatto rappresentar la figura ne’ fogli susseguenti, insieme con quegli del cammello. E che le pecore vi sien sottoposte anch’esse lo sa ogni più goffo pastore e ne favellò chiaramente il greco Didimo nel lib. 18 degli Affari della villa, e dopo di lui Iacub Alfiruzabadi, in quel gran vocabolario arabico che da esso con voce egizia fu intitolato Alcamus, cioè a dire Oceano.

Il soprammentovato Moufeto riferisce, che infin gli scarafaggi son tormentati da così fatti animaluzzi, ed io, quantunque non abbia avuta la congiuntura d’esperimentarlo, me lo persuado per vero con grandissima facilità, imperocchè posso con molt’altri far testimonianza di veduta che le formiche stesse non ne son esenti e che ogni spezie di formiche ne ha la sua pro-