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DI FRANCESCO REDI. 167

ni interi; quindi, essendosi di nuovo spogliati e desti, ed essendo divenuti più grandi e col pelo molto più lungo, mangiavano con gran furia e voracità, e durarono fino al primo d’agosto, nel qual giorno, avendo improvvisamente abbandonato quasi affatto il mangiare, si fecero come sbalorditi, mogi, deboli, più piccoli di corpo, e si erano tutti pelati e appena si moveano, ancorchè fossero punti o tocchi; parevano in somma intristiti o infermi; o vero somigliavano a que’ vermi da seta che, ammalandosi e quasi marcendo prima di condursi a fare il bozzolo, son chiamati volgarmente vacche; ed in questa forma si trattennero fino alla notte del quarto giorno d’agosto, nella quale sei di questi bruchi, avendo per la terza volta gettata la spoglia, si cangiarono in aurelie o crisalidi di color nericcio, che parevano tanti bambini fasciati, senz’avere nè pure un sol filo di seta col quale avessero potuto appiccarsi al coperchio o a’ lati della scatola; il che osservando io la mattina seguente, ebbi occasione di veder la maniera con la quale questi bruchi si trasformano in crisalidi; imperocchè s’apre e si fende l’esterna spoglia sopra la groppa vicin’ al capo, e la spoglia parimente del capo medesimo si divide e si squarcia in due parti, e da quello squarcio comincia la crisalide