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DI FRANCESCO REDI. 147

Non voglio già passare in silenzio, per tornare al mio primo proposito, che stimo non esser gran peccato in filosofia il credere che i vermi de’ frutti sieno generati da quella stessa anima e da quella stessa natural virtude che fa nascere i frutti stessi nelle piante; e se bene in alcune scuole si tien per certo che una cosa men nobile non possa generarne una più nobile della generante, io me ne fo beffe, ed il solo esempio delle mosche e de’ moscherini che nascono nelle gallozzole delle querce parmi che tolga via ogni dubbio: oltrechè questi nomi di più nobile e di men nobile son termini incogniti alla natura ed inventati per adattargli al bisogno delle opinioni or di questa or di quella setta, secondo che le fa di mestiere. Ma quando pure per le strepitose strida degli scolastici dovesse in ogni modo esser vero che dall’ignobili cose non si potessero produrre le più nobili, io non so per me vedere qual gran vergogna o quale stravagante paradosso mai sarebbe il dire che le piante, oltre alla vita vegetativa, godessero ancora la sensibile, la quale le condizionasse e le facesse abili alla generazione degli animali che da esse piante son prodotti. Democrito, che per testimonianza di Petronio Arbitro, omnium herbarum succos expressit, & ne lapidum virgultorumque