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DI FRANCESCO REDI. | 137 |
mano in mosche: erano però tutti pelosi, e facendo cerchio di sè medesimi spiccavano sovente in qua ed in là vari salti; ma non mi fu favorevole la fortuna nel farmi vedere ciò che ne sarebbe nato, imperocchè morirono tutti avanti che in uova, come gli altri, si conducessero e si fermassero; forse pel freddo della stagione, che si era avanzata verso ’l fine del mese di novembre.
Sentite ora quel che scrive Plinio nel libro ventunesimo della Storia naturale. Un’altra maraviglia, dice egli, avviene del mele nell’isola di Candia: quivi è il monte di Carina, il quale ha nove miglia di circuito: dentro a questo spazio non si trovano mosche, ed il mele colà fabbricato esse mosche mai non assaggiano; ed essendo questo singolare per l’uso de’ medicamenti, con tale esperienza si elegge. La stessa maraviglia racconta Zeze del mele attico, e soggiugne che questo avviene per essere l’Attica abbondantissima di timo, il di cui acuto odore è dalle mosche grandemente abborrito. Lo riferisce altresì Michele Glica ne’ suoi greci Annali e n’adduce la medesima ragione di Zeze: e pure io ho vedute le mosche partorir le loro uova ed i loro vermi nel timo, e da que’ vermi nascerne le mosche, e quelle mosche golosamente mangiarsi non solamente il mele allungato con la decozione del timo, ma eziandio trangugiarsi un