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DI FRANCESCO REDI. 111

a fermarsi, ed a convertirsi nelle seconde uova, andavano voltolandosi in quella poltiglia, che appoco appoco attaccandosi loro addosso, gli ricopriva tutti, fino a tanto che pareano tante piccole zolle di terra, dalle quali zolle nascevano poi le mosche; onde chi non avesse saputo che dentro a ciascuna di esse era nascosto un uovo, avrebbe ragionevolmente potuto credere che quelle mosche dalla terra di quelle zolle fossero nate.

Da qualche apparenza, non molto da questa dissimigliante, credo che potesse aver origine l’equivoco di Plinio, che nel libro undecimo della Storia naturale scrisse nascere molti insetti volanti dalla polvere umida delle caverne; e per questa stessa apparenza parimente s’ingannano per avventura tutti coloro i quali raccontano che dalla terra, dal fango e dalla belletta de’ fiumi e delle paludi s’ingenerino infinite maniere di animali; onde Pomponio Mela, facendo menzione del Nilo, scrisse: Non pererrat autem tantum eam, sed aestivo sidere exundans etiam irrigat, adeo efficacibus aquis ad generandum alendumque ut, praeter id quod scatet piscibus, quod hippopotamos crocodilosque vastas belluas gignit, glebis etiam infundat animas ex ipsaque humo vitalia effingat. Hoc eo manifestum est, quod ubi sedavit diluvia ac se sibi