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Chi sa dire il numero delle tradizioni, dei simboli che i secoli aveano accumulato in Grecia dalle origini fino ad Esiodo in tutto quel lunghissimo oscuro periodo, in cui genti disparate incrociandosi di continuo confondeano insieme col sangue, colla lingua e coi costumi culto e leggende? Il popolo greco, a preferenza d’ogni altro popolo, avea la virtù di assimilare quanto di peregrino capitava sotto il suo cielo ridente, facendogli subire l’influenza del suo clima molle e dilettoso. Non v’è leggenda mostruosa, non culto, non rito disumano, che immigrando coi barbari in Grecia a poco a poco non s’ingentilisse, deponendo la spoglia della selvatichezza nativa.

Esiodo fuse in un sistema tutte quelle tradizioni. Nel che non ci si mostra già egli quale cieco raccoglitore ma qual poeta d’altissimo intelletto, che penetra e domina il suo soggetto, e fa nella Teogonia quello, che Mosè nella Genesi, cioè vi trasfonde il proprio spirto: