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     Svia dell’asta la punta. Acerbo duolo
     N’ha Marte, che snudando il brando acuto
     Addosso al generoso Ercole irrompe.
     L’Anfitrïonio cupido del fero
     Scontro gl’impiaga l’indifesa coscia
     Sotto il dedaleo scudo, e molta carne
     Girando l’asta gli dilania, e in mezzo
     Dell’arena lo spiomba. A lui veloci
     Fuga e Terrore trassero vicini
     I corridori, e nel fregiato cocchio
     Levatolo dal suolo il riposaro,
     E incontamente i corridor sferzando
     Il ferito portâr nell’alt’Olimpo.
D’Alcmena il figlio e il generoso Iola,
     Tolte l’armi dagli omeri di Cigno,
     Ripresero la via. Giunsero tosto
     Coi corridori alipedi a Trechine
     E al grand’Olimpo l’occhi-glauca Diva
     Fece ritorno e alla magion del padre.
Ceïce quindi diè sepolcro a Cigno,
     E i numerosi popoli vicini,

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