L’un contro l’altro rabidi s’avventano
D’infra i denti mettendo un truce rugghio;
O come du’ avoltoi dal rostro adunco,
Dai torti ugnoni, in alta rupe azzuffansi
Forte rombando per montana cerva,
O capriolo delle selve alunno,
Cui d’una freccia volata dall’arco
Spense un garzone, che del loco ignaro
Rinvenirlo non sa, ma quei ben tosto
Poser l’occhio alla preda, e a cruda guerra
Scesero intorno ad essa; i due rivali
Scontraronsi così. Cigno anelando
Spegner di Giove il figlio, avventò forte
Allo scudo di lui l’asta ferrata.
Ma nol contuse: chè d’invitta tempra
Era il dono divin. L’Anfitrionio,
Lo strenuo Ercole allor colla lung’asta
Al nemico passò tra scudo ed elmo,
Di sotto al mento, il nudo collo, ed ambi
I nervi gli squarciò l’arma funesta.9
Onde spense al rival l’immane forza,
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