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     Benchè di forte cor, sazio di pugna.»
     E il buon Iola gli risponde: «Amato,
     Certo dei numi e dei mortali al padre,
     E al rimuggente Enosigeo, dell’alta
     Tebe nume e difesa, è caro assai
     Il tuo capo, poichè coi sì potente,
     Magno mortale tenzonar ti è dato,
     Perch’alta gloria te ne segua. Or via,
     Vesti l’armi di guerra, e tosto il cocchio
     Di Marte e il nostro affrontinsi in battaglia.
     Atterrir ei non può di Giove il forte
     Germe, nè l’Ificlide; anzi cred’io,
     Che il volto ei fuggirà dei due nepoti
     Del prode Alceo serrati in uno, e guerra,
     Sangue anelanti più che lauta mensa.»
Disse, ed Ercole il forte a lui sorrise,
     Lieto nel cor: chè acconci detti udia,
     E brevemente gli rispose: «O prode
     Iola alunno di Giove, omai vicina
     È la terribil pugna: or qual già fosti
     Valoroso ti mostra: il bruno, il baldo

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