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Del prode Anfitrïone ita sull’orme,1
Abbandonando i lari e il patrio suolo,
In Tebe Alcmena ne venia, la figlia
D’Elettrïone salvator di genti.
Di maëstade e venustà ben tutte
Ella vincea le donne, e niuna in senno
Contendeva con lei. Tale l’incanto
Nelle nere pupille e nella fronte,
Quale nell’aurea Citerea, spirava.
Ella il suo sposo amava, e sì che mai
Nessuna donna al par di lei, sebbene
Vinto ed ucciso il genitor le avesse
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